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Swift, Jonathan.

Scrittore inglese. Figlio di genitori inglesi stabilitisi in Irlanda dopo la Restaurazione, rimase orfano di padre fin dalla nascita. Nel 1673 S. intraprese gli studi alla Kilkenny School e, da qui, nel 1682 passò al Trinity College di Dublino. Con lo scoppio della seconda rivoluzione inglese (1688) abbandonò gli studi e si rifugiò in Inghilterra, dove nel 1689 trovò impiego come segretario di sir William Temple a Moor Park, nel Surrey. In questi anni, oltre a collaborare con il suo protettore all'edizione dei Memoirs (1692), ebbe l'opportunità di conoscere da vicino il mondo della politica e, con esso, le segrete macchinazioni e i sottili intrighi del potere. Avvicinatosi inizialmente ai più moderati e liberaleggianti Whigs, S. iniziò a considerare la possibilità di intraprendere una carriera politica ma, venendo meno l'appoggio di sir Temple, questa ambizione restò delusa. Al fine di raggiungere l'indipendenza economica fece ritorno in Irlanda dove, presi gli ordini religiosi (1694), ricevette la piccola prebenda di Kilroot, presso Belfast (1695). Richiamato da sir Temple nel 1696, S. rinunciò alla prebenda e tornò a Moor Park. Qui, oltre a prestare la sua collaborazione nell'attività letteraria del protettore (delle cui opere, peraltro, curò l'edizione postuma tra il 1700 e il 1707), si occupò dell'educazione di Esther Johnson ("Stella"), la figliastra di un maggiordomo che gli dedicò tutta la vita e con la quale, sembra, S. si sposò in segreto. Risale a questi anni la stesura di alcune odi pindariche e di due vigorose satire, entrambe edite nel 1704, sulla corruzione della religione e della cultura: Racconto della botte e La battaglia dei libri. La prima, che per i suoi contenuti oltraggiosi impedì alcuni anni dopo la nomina di S. al vescovato, costituisce un attacco alle tre Chiese dominanti (cattolica, anglicana e dissidente), incapaci di comprendere e di veicolare l'autentico messaggio evangelico; la seconda, scritta in difesa del saggio di Temple Sulla cultura antica e moderna (1690), rappresenta un contributo alla polemica, a quel tempo fervente, tra i paladini della tradizione antica, a favore dei quali si schiera lo stesso S., e quelli, sapientemente ridicolizzati, della cultura moderna. Nel 1699, alla morte di Temple, S. si trasferì in Irlanda: nonostante ciò continuò a trascorrere la maggior parte del tempo a Londra, dove aveva acquisito ampia notorietà e aveva stretto amicizia con famosi letterati e giornalisti dell'epoca, tra cui Addison e Steele, i redattori del giornale "The Tatler" al quale, peraltro, S. collaborò con alcune egloghe eroicomiche. Pur non ricoprendo alcuna carica ufficiale, continuò a partecipare attivamente alla vita politica del Paese mediante la pubblicazione di saggi di argomento politico ed ecclesiastico, tra cui Discorso sulle lotte e i dissensi tra nobili e plebei ad Atene e a Roma (1701), composto in difesa dei Whigs, e Argomento contro l'abolizione del Cristianesimo (1711), in polemica con i deisti. Notevoli, per mordacità polemica ed estro fantastico, sono anche i pamphlets che, pubblicati nel 1708 e nel 1709 sotto lo pseudonimo di Isaac Bickerstaff, satireggiano le predicazioni del popolare astrologo J. Partridge. Nel 1710 S., rimasto favorevolmente colpito dalla linea politica assunta dal tory R. Harley nei confronti della Chiesa anglicana, decise di passare dalla parte dei Tories, del cui Governo divenne per qualche tempo uno dei più influenti consiglieri e difensori: dal 1710 al 1711 fu infatti alla direzione del quotidiano tory "The examiner", e con una serie di libelli politici (The conduct of the allies, 1711; A short character of T[homas] E[arl] of W[harton], 1711; Some remarks on the barrier treaty, 1712) si scagliò contro i Whigs. A questi anni risale anche l'inizio della corrispondenza epistolare con Esther Johnson, raccolta nel Diario a Stella, pubblicata postuma in due parti nel 1766 e nel 1768, e tutta intera nel 1784. Nel 1713 S. ottenne la nomina di decano della cattedrale di Saint Patrick a Dublino; quindi, venuto a trovarsi in una situazione di isolamento politico in seguito alla caduta del Governo tory (1714), decise di ritirarsi in Irlanda. A Dublino strinse una nuova amicizia femminile, Esther Vanhomrigh ("Vanessa"), per la quale compose il poemetto Cadenus (anagramma di Decanus) e Vanessa (1712 circa). Durante il suo isolamento dalla società inglese S. rivolse la propria attenzione ai gravi problemi sociali dell'Irlanda, a cui dedicò Lettere del drappiere (1724), sferzante attacco contro l'amministrazione inglese, responsabile dell'introduzione di una moneta di rame inferiore, per peso, al valore ufficiale, e Modesta proposta per impedire che i figli dei poveri diventino di peso ai genitori e al Paese (1729), penetrante denuncia della miseria irlandese. Compose anche alcune opere in versi, tra le quali spiccano i Versi in morte del dottor Swift (1731), sagace autoritratto in cui l'autore, in chiave satirica, prevede il momento del proprio decesso. Nel 1725 S. compose il suo capolavoro, I viaggi di Gulliver (V. VIAGGI DI GULLIVER IN VARI PAESI LONTANI DEL MONDO, I). Le avventurose vicissitudini del medico di bordo Lemuel Gulliver costituiscono lo sfondo fantastico e, allo stesso tempo, il pretesto narrativo su cui innescare la satira che, dal costume sociale, si estende all'intera umanità: procedendo insieme a Gulliver dal paese dei nani (Lilliput) a quello dei giganti (Brobdingnag), dall'Isola di Laputa al paese dei saggi cavalli Houyhnhnms, l'autore amplia progressivamente il proprio orizzonte satirico, mettendo sotto accusa non solo le ambizioni intellettuali dell'uomo, il sistema sociale in cui vive e la vanità di tutte le sue aspirazioni terrene, ma anche l'essenza medesima della natura umana. Colpito da paralisi nel 1742, S. restò infermo e in stato di follia fino alla fine della vita. Dotato di una personalità psicologicamente instabile, segnata dalle delusioni e dalle sofferenze della vita, S. ci ha lasciato un'analisi lucida e penetrante della corruzione, della meschinità e della bassezza umane, riuscendo comunque ad arginare, tramite l'umorismo, l'ironia e la sobrietà dello stile, il suo troppo amaro pessimismo e la sua eccessiva indignazione (Dublino 1667-1745).